HERITAGE EDUCATION FOR EUROPE
This is the main aim of the heritage education promoted in recent years by the Council of Europe, an innovative teaching method prompted by the very characteristics of the cultural heritage.
PATRIMONIO CULTURALE E PEDAGOGIA
Il libro pubblicato in italiano, inglese e a presto in francese, riassume il lavoro di vent’anni della commissione Pedagogia del Patrimonio al Consiglio d’Europa.
IL PATRIMONIO CULTURALE E LA SUA PEDAGOGIA PER L’EUROPA
(a cura di Lida Branchesi)
Il progetto della memoria
di Antonio Viola
L’esperienza del confronto con l’infanzia, attraverso la scoperta e la valorizzazione del patrimonio, opera per noi su un doppio registro : costruire per le bambine e i bambini, per le ragazze ed i ragazzi una pedagogia che permetta loro l’accesso all’universo della cultura patrimoniale, interrogando, allo stesso tempo, la nostra disciplina, per cercare la parte « infantile » del nostro sapere.
Tutti i progetti elaborati nell’ambito di questo lavoro, trovano posto lungo una parabola immaginaria tesa tra due estremità. Da un lato, un’attività di ricerca negli ambiti delle discipline tradizionali (storia, architettura, archeologia, storia dell’arte e restauro) tesa a superare « la fase dell’indicibile » (1) , quella soglia di non senso cioé che conduce un sapere a comunicare solo agli pecialisti perdendo il contatto con la comunità e dall’altro, un’attività pedagogica, che consapevole di questa difficoltà, progetta l’incontro più fertile
tra infanzia e cultura. La fondazione di questa pedagia per l’infanzia, va di pari passo con l’evoluzione stessa del concetto di patrimonio, costruendosi ed evolvendosi in accordo con il valore stesso che la comunità gli attribuisce. I progetti, i dispositivi e le azioni intraprese dal Consiglio d’Europa testimoniano dell’evoluzione di questo pensiero.
Attraverso la « Pedagogia del patrimonio », contemporaneamente alla ricerca di un’azione politica comune attraverso una cooperazione culturale, il Consiglio d’Europa, lavora da ormai cinquant’anni, alla costruzione di questo « valore » patrimoniale e all’emergenza di
un processo di costruzione identitaria.
Ma, che distanza intercorre tra patrimonio, memoria e identità ?
Che relazione esiste tra la memoria del patrimonio e l’infanzia ?
Come tutto cio’ contribuisce alla costruzione di un’identità ?
Identità personale ? Identità collettiva ? Identità storica ? Identità sociale ?
Identità nazionale ? Quale pedagogia del patrimonio ?
Cultura della memoria
La risposta a tali quesiti fluttua sull’onda del tempo.
C’è n’è una piccola parte in ogni progetto lanciato o azione di Pedagogia del patrimonio intrapresa negl’ultimi quindici anni di attività. Dalla prima Classe Europea
del Patrimonio (CEP) « Reno senza frontiere » (1989), passando per progetti come « La città sotto la città », o « L’Europa da una strada all’Altro », fino alle azioni pedagogiche svolte in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio (JEP) come l’ultima : « Patrimoni venuti d’altrove – Patrimoni venuti dall’Altro ». Le prime azioni testimoniano dell’urgenza di ritrovare le radici, per le nuove generazioni, di un valore « antico » ed europeo, un momento zero, un momento condivisibile da tutta la comunità attraverso la fondazione di una cultura della memoria. La ricerca del primo livello di una costruzione in divenire.
La pedagogia del patrimonio, attraverso il dispositivo delle « Giornate europee del patrimonio », assume ad esempio in Sicilia il sapore di riscatto sociale, di riconquista
di una fierezza spezzata, la ricerca di un possibile futuro.
In una terra dove la mafia e le sue diramazioni politiche avevavo reso impossibile la nascita e la formazione del comune sentimanto di cittadinanza, dove l’ignorance e la diffidenza venivano sfruttate per velare i valori del vivere civile, l’impegno a riconstruire il legame tra abitanti e territorio era diventata una scommessa indispensabile da lanciare. E’ nel tentivo di ri-costruire l’identità per costruire la città che le scuole di Palermo, prima trincea del vivere civile, lanciano un vasto progetto educativo(2). L’iniziativa che ha mobilizzato più di 20.000 ragazzi di 150 scuole di Palermo si prefissava l’obiettivo di ri-scoprire, occupare e studiare alcuni siti monumentali della città per riscattarli à l’incuria, al degrado e all’oblio. Alcuni hanno scelto una chiesa, altri un giardino, altri ancora una piazza.
L’appropriazione di questi luoghi non s’è fatta soltanto attraverso il loro studio ma anche semplicemente riaprendoli al pubblico, pulendoli, restaurandoli, creando dei percorsi di visita con schede esplicative, rappresentazioni storiche in costume della vita dei luoghi, guide turistiche multilingue organizzate dai ragazzi stessi.
I luoghi scelti funzionavano come tanti fari di riverberazione di questa nuova civitas su tutta Palermo. Attraverso la cura di questi ‘siti simbolo’ della storia della città, il messaggio di reappropriazione si diffondeva in ogni quartiere. Non era raro intendere i ragazzi intercalare alla loro presentazione del luogo, l’espressione : » Qui ci sentiamo come a casa « . Patrimonio, memoria e identità scendono in campo : io mi sento come a casa, quindi ne sono responsabile e quindi
ho dei diritti, Educazione alla legalità attraverso la riscoperta di oggetti dimenticati e ricerca di un passato comune. Un progetto che attraverso l’apertura alla gestione e all’uso della città, restituisce ai ragazzi la loro dignità di cittadini.
Progetto dell’identità
Questo desiderio di leggittimità che chiediamo al passato e che ricerchiamo nei suoi oggetti va però interrogato. Bisogna chiedersi se questa forma dominante del pensiero che individua, la relazione tra patrimonio e identità come una relazione contingente, sia vera o falsa. Possiamo ri-conoscere una parte di noi stessi nel passato di qualsiasi oggetto, ma la costruzione della propria identità non puo’ farsi che a partire della nostra memoria personale. Bisognerebbe lavorare sulla giusta distanza che separa la nostra memoria da quella degli altri (memoria collettiva) o da quella delle altre cose (Patrimonio). Fondare una pedagogia che requilibri la relazione : costruzione identitaria personale e riconoscimento e integrazione di un’identità comunitaria.
In un universo variegato e multietnico, la cultura e l’identità patrimoniale, inoltre, devono fare i conti con la compresenza di infiniti tempi, storie, identità, che agiscono tutte insieme e nello stesso tempo. Patrimonio, non come eredità « del » pater, ma « dei » patris. Il progetto » L’Europa da una strada a l’Altro »(3) si fonda proprio sul presupposto che la fondazione di una identità comune europea, attraverso la cultura del patrimonio,
non puó che costruirsi a partire della memoria de « l’Altro » ; di tutti « gl’Altri ».
In questo progetto, lanciato nel 2000 in più di venti paesi, la strada, diventa il medium per eccellenza tra memoria del singolo e quella della collettività, tra memoria di una comunità e la memoria di tutte le comunità che la abitano. Luogo dell’immaginario collettivo. Lontano dall’influenza della famiglia, fuori delle mura della scuola, la strada é il primo luogo in cui, da soli, si incontra la comunità, in cui si fa esperienza della diversità. La oikia greca, l’abitare, si trova al centro tra la koinonia, la comunità, e la polis, il governo della città. Questo « abitare » la strada diventa l’atto di fondazione che la comunità esercita per diventare polis, luogo dell’organizzazione della città e quindi di civiltà dell’uomo(4). La strada è il luogo in cui noi siamo confrontati alle regole e ai poteri senza volto. Luogo senza gerarchie in cui si trova il proprio posto accettando quello degli altri. Il progetto propone agli insegnanti e agli studenti un itinerario pedagogico d’esplorazione. Il primo incontro con la strada avviene attraverso l’evocazione della sua immagine, attraverso il racconto delle memorie(5), delle storie e delle paure ; attraverso la ricostruzione della strada nell’immaginario (6) degli allievi.
La strada diventa il luogo dell’esperienza della diversità, un repertorio illimitato di forme, di materiali, di colori, di suoni ed impressioni sensoriali. Quest’universo eteroclita permette di accedere ad una multitudine di saperi : nella strada si compiono i primi passi nella lettura, i suoi monumenti ci parlano della nostra storia, e i suoi linguaggi ci trasportano in altri paesi. Nella strada si fa esperienza (7) dell’Europa, della varietà dei suoi volti : intricato groviglio di costumi gusti, riti e storie. Ognuno puo’ ri-trovare se stesso, ognuno puo riconnettere la propria memoria a quella dell’Altro ; capire, comprendere, conoscere la strada e proporre anche, a fine percorso, il progetto(8)del suo cambiamento. Nel percorso pedagogico proposto con il progetto « L’Europa da una strada a l’Altro », si materializza il passaggio dall’idea di « munumento » (famiglia di opere eccezionali dell’umanità), al concetto di « bene culturale » (famiglia di beni materiali e immateriali ai quali la comunità riconosce un valore), scoprendo ciascuno, in strada, accanto al suo patrimonio quello dell’Altro.
Verso la fondazione di una cultura europea. L’idea della coesistenza e della simultaneità di tutti questi « patrimoni », e tutti di pari importanza, indica l’impossibilità di dare a questo termine una definizione unica ed estensiva. Ammettere la presenza di « più patrimoni » significa accettare l’esistenza di famiglie diverse e di filizioni multiple.
Ogni epoca costruisce il proprio avvenire a partire da « un’idea » specifica sul suo proprio passato, a partire d’una « lettura specifica », d’una « interpretazione » del
suo patrimonio(9. Roberto Pane (Taranto 1897 – Sorrento 1987), storico e padre fondatore della Carta di Venezia usava dire che non si poteva esprimere una giusta interpretazione del passato senza aver scelto prima il progetto della contemporaneità. Cio’ equivale ad affermare che la lettura del nostro patrimonio e la sua interpretazione sono iscritte nella costruzione del nostro futuro. Ci sarebbero tante « letture » patrimoniali quanti « punti di vista » sul patrimonio e tutte ugualmente valide. Quello che é importante sottolineare é l’assenza di linearità del processo di attribuzione di valore, l’assenza di una strada maestra d’interpretazione ; la necessità d’integrare valori culturali quali, quelli dell’incrocio, della cultura bastarda, di radici popolari, dell’influenza, l’ammissione di strade senza uscita, di interludi, parentesi, deviazioni e ogni sorta di interferenza.
Ammettere accanto al « nostro » punto di vista, quello « dell’altro » significa coprire tutta la distanza che separa se stessi dagli altri in un gioco dialettico fruttoso alla costruzione di una conoscenza multietnica e multiculturale : premessa indispensabile alla fondazione di un cultura europea. E’ possibile quindi costruire un processo identitario unico, europeo, attraverso la cultura del patrimonio ?
Se si ammettono quindi l’esistenza di infinite identità, tutte di uguale valore, tutte agenti nello stesso tempo, tutte costruenti un avvenire, quando si parla di ricerca
di identità, a che cosa ci riferiamo ? Di che cosa stiamo parlando ?(10)
La recente iniziativa del Consiglio d’Europa (2004),
nel quadro delle orientazioni tematiche delle « Giornate europee del patrimonio », « Patrimoni venuti d’altrove, patrimoni venuti dall’Altro »(11),si fa interprete di questa nuovo orientamento. Apparentemente un pleonasma, difficilmente infatti
si puo’ immaginare un patrimonio che non provenga da un tempo e un spazio diverso dal nostro, il titolo di questo progetto esprime la volontà di smaterializzare e de-localizzare l’oggetto patrimoniale per restituirlo all’amore e alla cura della comunità. Una comunità sempre più eteroclita e variegata.
Tutta l’attenzione é concentrata sul movimento, sulla fluttuazione e sullo scambio tra culture, piuttosto che all’inviduazione di famiglie e domini di conoscenze riconoscibili. Un’azione che ben si accorda alla contemporanea esigenza di abbattere o ridisegnare le tradizionali frontiere tra i saperi e che si interroga sui processi piuttosto che sugli oggetti costitutivi delle conoscenze. Spostare l’attenzione dal soggetto al verbo determina l’estensione del senso e la ricerca di una radice comune a più soggetti.
A differenza di una cultura che cerca di « separare » e « classificare » sulla base di un modello culturale unico, qui si cerca di integrare il caos e l’incertezza
della paternità. Ammettere inoltre l’esistenza di famiglie diverse di « patrimoni », significa accettare l’idea che le regole di attribuzione di valore variano continuamente in funzione delle diversità delle loro comunità di appartenenza. Appartenere ad un luogo « sentirsi a casa », ri-conscersi in un patrimonio, identificarsi con esso, diventa un’esperienza puramente soggettiva. La frase di Simone Weil (Parigi, 1900-1950), « Bisogna vivere nell’assenza di radici », incita ad abitare « nell’assenza » di un’unicità di attribuzione di valore. In questa assenza noi ci sforziamo di re-memorizzare senza fine le tracce del nosto passaggio. Ogni qualvolta facciamo appello a la memoria noi ricostruiamo una storia diversa. Ricordare é un’attività creativa, (progetto), altro che l’esercizio di ricerca di qualcosa che esiste già (analisi) nell passato lontano di un oggetto o in un angolo remoto del nostro cervello. Oggi una nuova idea di patrimonio fa la sua strada.
Il concetto di « valore patrimoniale » evolve così, verso il concetto di « ben-essere » (12), verso il progetto di un quadro di vita sostenibile. In quest’ultima lettura proposta dal Consiglio d’Europa, il concetto di patrimonio non é più soltanto quello di eredità del pater, d’interpretazione di un gruppo dominante, ma vero « progetto della memoria », un progetto culturale che investe l’uomo, il suo ambiente e le sue tracce più significative.
NOTE:
1) Cfr., G. Agamben, Enfance et Histoire.Destruction
de l’expérience et origine de l’histoire, Petite Bibliothèque Payot, Paris, 2000.
2)Questo progetto del 1995, realizzato in collaborazione con l’assessorato agli Affari sociali del Comune di Palermo (sotto la responsabilità di Alessandra Siragusa), é stato pubblicato su CD-Rom – » Palermo apre le porte, La scuola adotta un monumento « – La struttura del CD Rom mima una visita guidata della città attraverso l’uso di itinerari tematici, giochi ed indovinelli. [Cfr. A. Viola, A. Millet in : Beaux arts magazine, « Ne pas oublier Palerme », Numéro spéciale : L’art à l’école. Le patrimoine. (Pag. 118)]
3) Libretto pedagogico : D’une rue à une autre, Editions
Le moutard, Lyon. Publications du Conseil de l’Europe (Tradotto in sei lingue)
4) Cfr., G. Agamben, op. cit.
5) La memoria in realtà é una rimemorazione permante.
Ogni volta che facciamo appello alla nostra memoria, ricostruiamo una storia diversa. Ricordare é un’attività creativa : è progetto.
6) Le case, le strade, la città sono là nei nostri sogni, nelle nostre visioni diurne, nel nostro proiettarci nello spazio, nella ricostruzione della memoria dei luoghi, nel nostro immaginario, ancor prima di trasformarsi in volumi e pietra. Gli oggetti dell’abitare hanno radici profonde in una memoria collettiva, pre-logica e i bambini con il loro immaginario non istoricizzato e non strutturato sono i più vicino a questo universo.
L’immaginario dell’infanzia é il luogo abitato da tutti i possibili. E’ la qualità di questo immaginario, delle sue potenzialità della sua inventività che bisogna proteggere, accogliere e aiutare a sviluppare. In realtà l’immaginazione, come l’esperienza, costituisce uno dei rari accessi alla conoscenza. [Cfr., A. Viola, Une école pour apprendre à habiter, Editions M.A. Mémoire Architecturale, Paris, 2000.]
« L’immaginazione, che a causa della sua ‘irrealità’, é oggi bandita dalla conoscenza, era considerata dagli antichi il medium ideale. In quanto mediatrice per eccellenza tra senso e intelletto, permette attraverso il suo fantasma l’unione tra forma sensibile
e l’intelletto ». [Cfr., G. Agamben, Op. Cit.]
7)E’ proprio attraverso l’esperienza che il soggetto ritrova tutto il suo valore. Quell’esperienza che sola ci porta alle soglie di universi sconosciuti. Conosciuta dall’antichità, devalorizzata dalla modernità, fare esperienza é mettere in contatto il bambino con la conoscenza. Attraverso se stesso, egli ristruttura in continuazione il suo sapere e fonda una nuova conoscenza. Già il premio nobel Charpak ha integrato questo strumento nell’insegnamento delle scienze, domandando ai bambini di scrivere loro stessi il « loro libro » di cienze frutto di esperienze accumulate durante tutto l’anno.
L’esperienza é scomparsa dalla nostro quotidiano ; di tutte le cose che ci circondano, facciamo solo esperienza d’uso ma ignoriamo tutto o quasi tutto, circa il reale senso delle cose. [Cfr., A. VIOLA, « Tous les savoir de l’architecture » in, Art et savoir, de la connaissance à la connivence, Editions de L’Harmattan, Lille, mars 2004. Ouvrage collectif (Pag. 225-235)].
8) Condurre un’azione positiva che trosformi le cose. Un’azione che permetta di creare qualche cosa che prima non esisteva. Un’azione che imprime la volontà di un cambiamento e la marca identitaria di chi la compie. Progettare per partecipare alla costruzione della polis. Il progetto per imparare a proiettarsi nel tempo, la costruzione di un’azione che affonda le sue radici nel passato, che cresce nel presente, che determina una continuità nel futuro. Questo cammino che si costruisce viaggiando, domanda una costruzione di senso ad ogni momento del suo percorso. Gli obbiettivi che si costruiscono, insieme agli ostacoli che si incontrano, modificano il percorso e le regole del viaggiare ad ogni istante : e allora un nuovo percorso, nuovi obbiettivi, nuovi ostacoli e ancora nuovi obbiettivi. Nient’altro che la metafora di una lenta costruzione, di un bambino che cresce, di una volontà e di un’identità che si epanuiscono e che si affermano. [Cfr., A. VIOLA, « Tous les savoir de l’architecture ». Op. Cit.]
9) Così Augusto nel I sec. d.C. inventa una nuova « romanità » della cultura per opporsi all’egemonia intellettuale greca; il Rinascimento si allontana dal medioevo gettando un ponte con la classicità attraverso une reinterpretazione del platonismo, gli architetti della rivoluzione in Francia costruiscono a partire di un ideale euclideo della classicità, la post-modernità gioca con una moltitudine di interpretazioni storiche.
10) I padri della rivendicazione di un’identità storico-patrimoniale comune come Ruskin (1819-1900) in Inghilterra, Viollet-le-Duc (1814-1879) e Quatremère de Quincy (1775-1849) in Francia, erano già all’epoca dilaniati tra l’imporre una supremazia della radice greca o romana o medioevale, sul patrimonio architettonico e culturale europeo. L’idea di poter affermare la supremazia di un modello piuttosto che un altro sulla costruzione di questa identità patrimoniale e nazionale (non bisogna dimenticare che tutto ciò si inscrive nella rifigurazione politica dell’Europa) era di riconforto al tentivo di costruire l’avvenire culturale dell’Europa.
11) G. DOLFF-BONEKÄMPER e A. VIOLA, Les patrimoines venus d’ailleurs, les patrimoines venus de l’Autre.
Rapport de synthèse sur les ateliers de formation organisés pour les coordinateurs des Journées Européennes du Patrimoine (Strasbourg, 10 et 11 juin 2004). (aggiungere l’indirizzo internet)
12) Cfr. A. Viola, M. Prince, Projeter l’ancien, Editions de L’espérou, Montpellier février 2004.