La lettera d’Emilie

Courrier EmilieBSalve, sono Émilie,
e purtroppo credo che la mia lettera non troverà risposta. Avrei bisogno di una casa più grande ma non ho possibilità né di ampliarla, né di comprarne un’altra con più stanze. Posso solo condividere con lei la mia frustrazione. Mal comune, mezzo gaudio. Io e mio marito Alberto lavoriamo alla Posta. Abbiamo due figli, Mirko e Andrea di 18 e 19 anni. Splendidi ragazzi. Ma diventano grandi e partecipano sempre meno alla vita di famiglia. Perché si sentissero più a loro agio, recentemente abbiamo rinnovato la loro stanza. Risultato: passano sempre più tempo tra di loro e meno con noi. Siamo fuori per lavoro durante il giorno, ci ritroviamo a sera, ma dopo un rapido passaggio a tavola, ampiamente condiviso con i loro telefoni, i ragazzi escono per ritrovarsi con gli amici. Li invitiamo ripetutamente a condividere la casa con loro ma senza successo. Se avessimo più spazio forse si sentirebbero più liberi anche se le assicuro che siamo di quella specie che ha imparato il valore della laicità ed il rispetto delle individualità. A volte ho la sensazione di vivere uno scisma-familiare. Come se una parte di una comunità, che fino a qualche anno fa era unita, si separi perché non si riconosce più in essa. E non ne comprendo le ragioni.

                                    La ringrazio comunque

                                                                           Émilie de Toulouse

 

Émilie salve,

anche una bottiglia affidata al mare trova il suo approdo. Poi magari capita nelle mani sbagliate, ma questo nessuno lo può prevedere. Leggendo la sua lettera mi è tornato alla mente il racconto di Ibn Jubayr, un viaggiatore arabo del XII secolo, che arriva a Palermo alla corte Guglielmo II di Sicilia. È detto il Buono, poiché, pur cattolico, conserva nell’amministrazione i mussulmani che aveva sconfitto. Un terremoto sorprende nel sonno gli abitanti del palazzo. Il viaggiatore si ritrova tra la gente impazzita dalla paura ma Guglielmo è là a rassicurare i suoi sudditi: « Che ognuno di voi preghi il dio che adora, chiunque avrà fede nel proprio dio, sentirà la pace nel suo cuore ». Per la sua famiglia, Io non parlerei di scisma, piuttosto di una comunità con diverse credenze. Allora la domanda è : come queste possono coabitare? La sua casa non è solo spazio, è anche tempo. Emilia, anche se Lei non possiede 775 stanze, la dimensione del tempo della sua casa è la stessa di Buckingham Palace. Penso ora all’esposizione, “I luoghi santi condivisi”, che elenca i santuari in cui coabitano confessioni diverse : la Sinagoga di Ghriba a Djerba, il Monastero greco-ortodosso di San Giorgio al largo di Istanbul o Notre-Dame-d’Afrique ad Algeri. Lo spazio della sua casa non è certo estensibile. Ma forse c’è da fare il progetto del suo tempo. Convenite di un ciclo per la sua utilizzazione in cui le due confessioni possano, separatamente e esclusivamente, liberamente esprimersi. Una rotazione settimanale o mensile ma che sia regolata con precisione. Un ciclo di 24 ore; una notte e un giorno completi. I suoi figli, come lei e suo marito, ritroveranno legittimità e appartenenza. Nessuno si sentirà a casa dell’altro. Non ci sarà più una casa in una casa. Essa sarà una e indivisibile all’immagine della comunità che la abita. È solo questa uguaglianza di pari opportunità, che credo, possa riunirvi.

                                                     Con rinnovato ottimismo Augusto

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